Spartan Race: brand + marketing = business
Le avversità economiche sono una costante fisiologica di qualunque business ai primi passi. Infatti, per quanto l’idea al fulcro di un’impresa possa essere geniale, non è mai detto che il successo arrivi in breve tempo. Anzi, molto spesso esso si fa attendere: si stilla giorno dopo giorno tra una goccia di sudore e l’altra; tra un ostacolo imprevisto e gli altri cento che vi susseguono. Intraprendere un business, di qualunque portata esso sia, può essere una delle avventure più emozionanti della vita, ma anche una delle maggiori sfide che un uomo può affrontare. Effettivamente, un business è come una corsa a ostacoli su un terreno impervio: ci si inzacchera, ci si taglia e anche si cade, ma soprattutto ci si rialza. È faticoso, ma appagante. È una prova per il corpo, ma anche per la mente.
A proposito di ciò, ne sa qualcosa l’amministratore delegato di Spartan Race, l’originario del Queens Joe DeSena: dopo la fallimentare impresa di Peaks.com, compiuta con l’intento di creare una comunità online per tutti gli appassionati di sport estremi, DeSena dovette accettare il fatto che il business che aveva intrapreso non era altro che una “cima impervia e inaccessibile”. Infatti, 2 milioni di dollari di investimento personale dopo, si rese conto non solo che vi era un numero esiguo di individui interessati a spingersi oltre i propri limiti, ma anche che quel numero non sarebbe mai stato sufficiente per formare una comunità online che fosse redditizia. Realizzò così che, talvolta, una passione viscerale, accompagnata da una buona idea, non porta ad un buon affare.
Avvicinatosi al mondo dell’adventure racing (viaggi avventurosi di lunga distanza, con il superamento di resistenze o limiti naturali verso una meta prefissata) per sfuggire dallo stressante mondo di Wall Street, DeSena aveva acquisito una profonda consapevolezza del proprio corpo e della propria mente grazie alle esperienze estreme che aveva dovuto e voluto affrontare. In cuor suo, dopo aver intrapreso simili avventure, aveva iniziato a covare la voglia di condividere quel sentimento di “empowerment” con più persone possibili, scivolando purtroppo, come nel caso di Peaks.com, nel mentre tentava di trasformare le proprie idee in progetti di successo. Tuttavia, alla fine del 2009, DeSena fu folgorato da un’altra idea: la creazione di una corsa con una serie di ostacoli “militari” che fosse commerciabile per il consumatore di tutti i giorni invece che per soli avventurieri hard-core.
L’idea era dunque quella sì di una specie originale e più “leggera” di sport estremo, ma anche quella di uno sport partecipativo e che avesse la capacità di fare appello a diversi strati demografici, passando dagli atleti del Triathlon, a quelli dell’Iron Man, per finire ai “guerrieri del fine-settimana”, che il lunedì successivo rispetto alle gare sarebbero tornati alla proprie scrivanie, cattedre e banchi. Si sarebbe chiamata “Spartan Race”, perché ai potenti e valorosi guerrieri di Sparta si sarebbero dovuti ispirare tutti i partecipanti. DeSena sognava dunque uno sport che corrispondesse anche a uno stile e a una scelta di vita, che piacesse sia agli uomini che alle donne, e che fosse inclusivo di ogni età e di ogni provenienza. Tuttavia, per raggiungere un così vasto target, si rese necessario lo strumento di promozione per eccellenza caratteristico del nuovo millennio: il web.
Al centro di tutta la strategia del brand Spartan Race c’è il sito internet, usato non solo per vendere le iscrizioni alla corsa ma anche come canale di informazione. Infatti sul sito si trovano consigli per l’alimentazione e l’allenamento da fare per arrivare in forma all’evento, una sezione dedicata alla community con video delle varie gare e quelli delle sessioni di allenamento, un blog sempre aggiornato, un motore di ricerca per trovare i personal trainer per l’allenamento funzionale, i gruppi con cui prepararsi e le palestre migliori.
Il sito internet da solo non basta, come spiegato varie volte su questo blog. Per una corretta strategia di inbound marketing che lavora a 360 gradi sono fondamentali anche altri canali. Spartan Race è presente su Facebook con una pagina geolocalizzata per i vari paesi in cui si tiene la corsa (più di 5 milioni di fan), su Twitter con l’account ufficiale (che attualmente ha 159.000 follower), su Instagram (353 mila seguaci) e su YouTube con più di 52 mila iscritti al canale e oltre 15 milioni di visualizzazioni.
Nel 2017 ormai tutti hanno capito l’importanza dei contenuti video, Spartan Race lo ha capito nel 2010. L’interazione online e i social media sono stati vitali non solo per la crescita del marchio “Spartan Race”, ma anche della sua comunità. Non solo ogni gara portava un flusso di immagini di partecipanti singoli e squadre pronti all’avventura, creando un senso di identificazione come community, ma tutti i vari canali del brand si sono rimpinguato di contenuti dediti a creare il mito dello “spartano moderno”, che mangia sano, segue giornalmente il suo workout of the day ed è pronto a superare qualsiasi ostacolo non solo durante le gare, ma anche nella vita di tutti i giorni.
Dalla community, si è passati ad una vera e propria fidelizzazione dei partecipanti, i quali sono sempre più attivi nell’offrirsi “volontari” anche per svolgere mansioni organizzative che in genere verrebbero pagate, come gestire le iscrizioni, i magazzini, i controlli o i punti di ristoro. Il tutto per ottenere in cambio la partecipazione gratuita ad una Spartan Race.
Ciononostante, ad oggi non ci sarebbe alcuna Spartan Race senza la spinta finanziaria di alcuni colossi dell’investimento e senza il partenariato con il mondo dello sport e dei media di massa. Nel 2012, infatti, la Raptor Partners consumers investì sulla Spartan Race, seguita dalla Reebok, la quale nel 2013 divenne sponsor principale dell’evento, portando le gare ad essere ribattezzate con il nome di “Reebok Spartan Race Series”. Il 7 Dicembre 2013, il canale televisivo statunitense Universal Sports mandò in onda uno speciale sui campionati del mondo di Spartan Race. Nel mese di Agosto 2015, la celeberrima rete NBC approvò una serie televisiva basata su questo speciale nuovo sport, “Spartan: Ultimate Team Challenge”. Più tardi, sempre nel 2015, Spartan Race creò la “Spartan Agoge“, descritta come un “addestramento e test fisico, tattico, mentale e di squadra della durata di 60 ore”: evento che si sarebbe tenuto di lì in poi due volte l’anno nello stato del Vermont.
Ad oggi, Spartan Race conta la sua presenza in almeno 20 paesi, con ben 120 gare annue all’attivo. Nel corso dei prossimi anni, il CEO DeSena si auspica di ottenere grandi risultati anche in Asia, dove egli stesso ha voluto trasferirsi (abita infatti a Singapore!) proprio per contribuire a tale processo di espansione. In Asia, infatti, vi è un crescente interesse per le mud race, e la compagnia, dal canto suo, è decisamente entusiasta di investire su due mercati così in crescita come quelli dell’Estremo Oriente e del Sud-Est asiatico. In aggiunta a ciò, la realizzazione del Campionato mondiale della Spartan Race continuerà ad essere uno degli obiettivi più importanti della compagnia: questo anche per nobilitare l’evento e iniziare ad instillare nelle masse che le Spartan Race sono espressione di un vero e proprio sport per cui gli atleti si allenano tutto l’anno, competendo per contanti e premi e, soprattutto, per raggiungere il podio ambito.
L’obiettivo finale, tuttavia, è uno e uno soltanto. DeSena, così come tutti gli Spartan racers del mondo, vorrebbero vedere il proprio sport alle Olimpiadi. La Spartan Race, infatti, cattura lo spirito insito nelle Olimpiadi e lo fa proprio già dal nome: non è un mistero che gli spartani fossero soliti vincere in molte delle categorie degli antichi Giochi olimpici; inoltre, la nobile Kyníska di Sparta fu anche la prima donna al mondo a vincere una gara alle Olimpiadi (la corsa dei carri con quattro cavalli alle Olimpiadi del 396 a.C.). Le Spartan Race, così come molti sport rappresentati alle Olimpiadi, sono uno specchio della vita quotidiana: una sfida ricca di imprevisti, ma che attraverso la costanza e la perseveranza può essere superata e, infine, “vinta”, sia come individui, che come comunità.
“Dopo 34 anni di gestione di imprese, di competizioni in eventi di resistenza estrema e di creazione di una famiglia solida e ricca di valori, mi sono reso conto che è quasi impossibile avere successo nella vita senza essere travolto da delle avversità”, De Sena ha rivelato nel 2015 a Forbes. “Costruire un business da zero è una delle cose più difficili da fare su questo pianeta: mantenere un business di successo, resistendo a tutti gli alti e bassi, è altrettanto impegnativo. Tuttavia è difficile avere ricompense nella vita senza incorrere in rischi.”.
DeSena, così come tutte quelle persone che hanno partecipato ad almeno una Spartan Race, hanno compreso una piccola regola esistenziale: negli affari, così come nella vita, coloro che sono disposti a rialzarsi dopo rovinose cadute e a procedere ulteriormente, nonostante il dolore, la vergogna e il senso di inadeguatezza, sono quelli che alla fine arrivano al traguardo che si sono prospettati, e ci arrivano con l’orgoglio e la consapevolezza di chi non si è arreso mai.
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